sabato, luglio 28, 2007

biciclettando


...] Solo bici, salvo casi davvero eccezionali, e con l'aiuto del treno per gli spostamenti più lunghi. Così l'ho venduta. La macchina. La mia. Adiòs, è tutto finito tra noi. Trattative in famiglia: mia moglie temeva che, dopo il gran rifiuto, sarebbe diventata lei il mio autista, in ossequio alle pari opportunità. Prometto, giuro, giurin giuron che me la cavo da solo, le ho detto. La tua macchina la uso solo in caso di estrema necessità, come il cortisone: parola di lupetto. Se sgarro, vendo la bici in titanio e mi compro una Panda usata color cenere, anche perché mi è simpatica. Secondo me ha un pezzo di cuore simile a quello della bicicletta, la Panda: è puro attrezzo, utensile, come una pala, o un machete, o un martello. Si capisce subito qual è la sua destinazione d'uso, non ha diamanti sulle lancette del contachilometri o la leva del cambio in oro, optional peraltro utilissimi per poter riconoscere un cretino e starne alla larga. Dunque la macchina, sono il primo a dirlo, è utile. Se qualcuno in famiglia stesse male, come lo porteremmo in ospedale? Come porterei la bici dal meccanico quando si rompe? E le damigiane di pinot bianco di Tarlao da Aquileia? Sulla canna? La macchina serve, eccome. Ma quest'anno - è stata la novità - lei è servita a me, e non il contrario: come Figaro, voglio fare il gentiluomo e non voglio più servir. Il cortisone serve a me, non io al cortisone. Bene, in dodici mesi ho percorso circa quindicimila chilometri in bicicletta, direi tutti felici, meno quando sono incappato in qualche disgrazia legata alla condizione umana. In macchina, ne ho fatti forse duemila: tutti sofferti, meno quando sono andato a prendere le damigiane di pinot bianco da Tarlao. Insomma, ogni tanto il cortisone è una benedizione. [...]

L'avrei potuto scrivere anche io.
Grazie al "mulo Rigatti."

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